Mostra “TRANSIZIONI” GrandArte 2022

Eventi e cultura

Dal 9 ottobre al 27 novembre | Dogliani Castello

INAUGURAZIONE Domenica 9 ottobre 2022 h.11.30

Domenica 9 ottobre 2022 alle ore 11.30 nella Cappella del Ritiro della Sacra Famiglia – Dogliani Castello
si inaugura Transizioni – la trentunesima mostra dell’anno 2022 della rassegna grandArte 2022 – HELP – humanity, ecology, liberty, politics con le opere di Claudio Durando, Gianni Gallo, Teresio Polastro, Teresita Terreno

L’interno dell’appena restaurata Cappella doglianese – uno degli esempi più rilevanti, insieme al complesso architettonico della Sacra Famiglia, del neogotico schelliniano – torna alla ribalta come richiamo culturale per il territorio delle Langhe, ospitando una collettiva di quattro personalità riconosciute nel panorama artistico locale e non solo, appartenenti a generazioni diverse e di origini doglianesi o, nel caso di una di esse, doglianese di adozione, e che si presentano come portatrici di altrettante visioni sentimentali della natura e della cultura dell’uomo, in un felice “transito” dall’una all’altra, intrecciando un sottile fil rouge che tiene insieme le diverse esperienze individuali, contraddistinte ognuna da un’interazione costante di emozioni, ricordi e sensazioni, che ci richiamano a una visione della realtà venata di nostalgia, di inquietudine e di volontà di sentirla come parte del nostro vissuto, della nostra interiorità, spettacolo di visioni luminose e rasserenanti, ma anche di ombrose e sofferte avvisaglie di malessere dell’ambiente terrestre, riscattato però dalla speranza riposta nella sua stessa capacità di rinnovamento e di risanamento spontaneo delle sue ferite.

“Si può senz’altro dire che a Dogliani sia presente un vero e proprio crogiolo artistico, molto ben attivo e caratterizzato da una qualificata varietà di linguaggi espressivi, che hanno riscosso e continuano a riscuotere una notevole rispondenza di pubblico e di critica”.
Enrico Perotto

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Claudio Durando (Dogliani/Cn, 1959) Le circa venti opere di dimensioni variabili presentate in mostra da Claudio Durando derivano da un determinato Flash Mob realizzato nel 2018 come una vera e propria performance collettiva all’aperto: incentrata sulla comunicazione, è consistita nella disposizione alternata di tutta una serie di sedie di foggia e materiali diversi, che sono state occupate da più di seicento persone, facilitate in tal modo a comunicare tra loro. Nei suoi quadri realizzati ad olio e collagesdi fotografie, Durando ci mostra però la sola teoria delle singole sedie variamente riprodotte e del tutto svincolate dai loro occupanti. Qui non conta la presenza umana e la ricerca del dialogo interpersonale, piuttosto è l’assenza di individui umani a costituire un valore etico di riferimento, in specie se l’osservatore sposta lo sguardo dalle sedute vuote ai paesaggi circostanti, nei quali è la bellezza dei luoghi di natura, ameni e solitari, a prendere il sopravvento, a comunicarci l’effettivo grado di autonomia della loro esistenza, liberata dall’ingerenza delle attività dell’Antropocene, capace, quindi, di assimilare gli elementi di design utilitaristico, di trasformarli in memorie oggettuali decontestualizzate, sospese in atmosfere calme e serene.

Gianni Gallo (Dogliani/Cn, 1935-2011) è una figura emblematica di artista con la mente e il cuore ben radicati nella realtà del mondo contadino delle sue origini. Amante della libertà, per più di sessant’anni “Galet” ha disegnato e inciso su lastre di zinco e su legno la natura composita e ancestrale delle Langhe, con uno sguardo ora più analitico e descrittivo, ora più disposto a veleggiare sulle ali dell’immaginazione. Ha trasformato l’aspetto esteriore dei fiori o delle ali di un insetto in forme grafiche inconsuete; ha rivisitato la simbologia del mondo animale nella tradizione favolistica e si è divertito a reinventare le figure delle carte da gioco e a fermare il tempo del transito di un vetusto “treno impossibile”, mostrandolo sospeso nello spazio di un’amena e solitaria Valle Roya, fuoriuscita da una cartolina d’antan. Il tutto ci appare trattato da un lato con leggerezza e dall’altro con accenti ironici o grotteschi, manifestando una certa predilezione per la composizione geometrica e le strutture formali astraenti, fondate su un disegno accurato e piacevolmente decorativo, ma che può nascondere messaggi di inattese inquietudini esistenziali, oltre che di amara critica, per nulla velata, nei confronti della società del suo tempo. 

Nelle visioni pittoriche di Teresio Polastro (Torino, 1935) si colgono “indizi, ombre, impronte” (Francesco De Bartolomeis) di una tensione formale in bilico tra proiezioni figurali inconsce di luoghi terracquei indefiniti e sovrapposizioni astratte di sfocature, oscuramenti e schiarimenti, che alludono a una spazialità ampia e corrusca. I chiari e gli scuri svelano contrasti di emozioni, trasmesse dal vigore delle pennellate fluide e gocciolanti di colore, steso con gesti rapidi e sciolti. Lo strutturare i dipinti per aggregazione di ritagli irregolari di immagini disgiunte moltiplica i punti di vista immaginari dei paesaggi naturali evocati e li configura come frammenti di ‘quadri nel quadro’. Lo sguardo dell’osservatore può percepire porzioni di ambienti marini o fluviali agitati e limacciosi, oppure allusioni a sommovimenti zigzaganti del tutto fuori controllo della terra. Polastro non ricerca soltanto uno slancio lirico nell’espressione coloristica che defluisce istintivamente dalla propria interiorità; l’artista si pone piuttosto in ascolto dei segnali di disagio che sopraggiungono dalla realtà che lo circonda, avvertendendone i vortici inarrestabili dei cambiamenti in atto, presagi della fine ineluttabile della nostra illusione di poter esercitare il dominio senza limiti delle forze spontanee della natura.

Teresita Terreno (Dogliani/Cn, 1950) intende l’incisione sia come operazione tecnica, sia come atto creativo ispirato a una forma di civiltà intenzionalmente fondata sui valori della bellezza e dell’autenticità dei sentimenti umani, intrisi di ammirazione per l’armonia dei colori e il dispiegarsi delle stagioni nella vita degli alberi, degli animali e della terra, oltre che negli interni domestici rurali, sorpresi in un loro evocativo stato di decadenza, intaccati dal tempo che scorre. Teresita ci immerge in mondi trasognati di poesia, di intimità, di sofferta malinconia per la perdita del senso dell’esistenza vera, rappresentata dall’ambiente dei campi e delle colline di Langa, rivissuti nel ricordo emozionato e con un segno grafico “che le permette di riscoprire i luoghi dell’infanzia, di dare forma, se così possiamo dire, al silenzio, alla solitudine, a un’atmosfera che è sogno, fiaba, incanto lunare” (Angelo Mistrangelo, 2002). “L’artista doglianese non ha mai cercato vie diverse da un figurativo moderno e personale: un fiore di campo, un frutto, un’erba diventano per lei un universo magico” (Remigio Bertolino, 2017). E il suo amore per il “paesaggio” di tipo soprattutto invernale non è che una “visione indimenticabile della nostra esistenza, illuminata dalla sua arte” (Giorgio Bàrberi Squarotti, 2002). 

La mostra allestita nella Cappella del Ritiro della Sacra Famiglia a Dogliani Castello, in collaborazione con il Comune di Dogliani, sarà visitabile dal 9 ottobre al 27 novembre 2022, il sabato e la domenica dalle 10.30 alle 12.30 e dalle 15.30 alle 17.30 con ingresso libero